Testi Critici
Anticamente

Anticamente l'Arte come tutte le conoscenze umane era una scienza sacerdotale; dalle grotte di Altamira alle raffigurazioni paesaggistiche di Nazca, la rappresentazione figurale aveva i caratteri del sacro. L'artista, stregone psicopompo, demiurgo era il rappresentatore della realtà altra.
Così la mia ricerca,che ha radici ventennali per quanto riguarda questa ottica, mira a riportare il SIMBOLO bagaglio della tradizione universale Una.
Questo lavoro diventa un vero e proprio lavoro rituale, nella ricerca dell’equilibrio
fra le forze energetiche dei materiali della natura usati; le opere vogliono
essere un’opera di armonizzazione delle energie dei materiali usati
e per analogia, in qualche modo,un contributo al riequilibrio cosmico.
La ripartizione rigida di alcune opere è legata all’introduzione
di segni dall’energia potente, quali quelli del simbolismo runico-druidico,
i ramoscelli e le parti di derivazione vegetale sono simbolo di uno dei
quattro elementi, come le pietre o l’uso di non colori, in quanto
la cromaticità è data il più delle volte da minerali
quali l’ematite o l’azzurrite macinati a mano o l’ossido
di zinco per il bianco.
Esplicita

Esplicita, preminente è in Lombardini l'urgenza di comunicare, al
punto da far luogo a fenomeni di moltiplicazione inflattiva dei messaggi,
di black-out dell'emmittenza per eccesso di potenza del segnale, di vera
o apparente e simulata ridondanza: salvo verificare se questo uso ridondante
della comunicazione non sia oggi il solo praticabile o comunque, paradossalmente,
il più produttivo.
L'urgenza di comunicare è continuamente contraddetta e verificata,
ma continuamente ed ostinatamente riaffermata si manifesta anche nell'interesse
portato al linguaggio alle sue radici antropologiche e preverbali.
Fra linguaggio primitivo e linguaggio infantile, fra arte e rito, arte e
magia, arte e gioco, arte e inconscio. Recupero del mitico linguaggio adamitico,
anteriore alla confusione delle lingue.
Si intende così il senso del collegamento esplicito di Lombardini
con le avanguardie storiche, dai Dada alla Pop : momenti non tanto di frattura
storica, quanto piuttosto di allacciamento storico trasversale, che alla
beata linearità della storia dell'arte contrappongono gli andirivieni,
i salti e le piste tortuose delle associazioni libere.
(P. Meldini-scrittore)
La Sottile Dialettica

La sottile dialettica che intercorre tra un piano conoscitivo semplicemente
concettuale, rivolto ai puri significati, è un aspetto invece interessato
alla tattilità, alla sensazione,al rapporto fisico percettivo, è
uno dei momenti più vivi dello sviluppo dell'arte. In quest'area
di ricerca sembra muoversi il lavoro di Eugenio Lombardini, un'adesione
ai materiali estremamente quotidiana, "feriale", caratterizzata
da un vero e proprio laboratorio dell'immagine."..."il laboratorio
non è violentato da generose e ottimistiche espressività pittoriche
ma rimane chiuso in rifiuto alla facile loquacità espressiva, mimetizzato
in una reticenza dolorosa, oscura, in qualche modo MAGICA.
Tuttavia ,tanta adesione al materiale non ha lo scopo di limitarne la portata
al puro dato sensibile, ma di ampliarla in una specie di volatilizzazione,
in un sovraccarico di simboli mentali che aleggiano, si posano e recuperano
le alte quote a fasi alterne.
Questo boomerang continuo, tra una sostanza aerea e una materia pesante,
tra peso, appunto, e leggerezza, tatto e concetto, acidità e ossigenazione,
è l'altalena dialettica che caratterizza il lavoro di Lombardini:
il quale sembra porsi nella cabina di comando e regolarne i vettori, le
velocità, le parabole ascendenti e discendenti.
(Giorgio Cortenova)
Poltergeist e gli aerei Spiriti del bosco

L'ultimo lavoro di Eugenio Lombardini " Poltergeist e gli aerei Spiriti
del bosco " presenta elementi di grande fascino, primo fra tutti il
rapporto fra casa e galleria, che, da luogo deputato per la pubblicazione
del lavoro dell'artista, si trasforma in appendice e prolungamento della
privata abitazione.
La casa rimanda innumerevoli echi dell'infanzia: ricordi, segreti, paure,
fantasie, riassunti dalla figura del Poltergeist, lo spirito fracassone
della tradizione germanica, imparentato coi nostrani folletti. Esiste, non
a caso, un'ampia letteratura (sia scientifica che di fiction) sulle case
non tanto infestate, quanto propriamente animate dall'attività psichica
dei loro abitanti.
Quale che sia il valore da attribuire ai fenomeni detti appunto, in parapsicologia,
di Poltergeist, resta il fatto che la casa appare come impregnata dei sentimenti
e delle emozioni di chi l'abita.
Sono ormai lontani gli anni in cui De Kooning
poteva scrivere che l'unico spazio che gli interessava era quello tracciato
con un gesto delle braccia, volendo in tal modo affermare un rapporto
strettamente esistenziale (fino ad essere fisiologico) fra l'artista e
il campo fisico del suo intervento. Un rapporto tanto diretto ed immediato
da recuperare il senso di un legame primario, ... gesto e la materia divennero
così, in quella temperie, un atto di ribellione al concetto di
cultura che aveva guidato l'Occidente da secoli : al tempo stesso, un
potenziale da sviluppare in direzione di un recupero antropologico.
Molta acqua è passata sotto i ponti,in tanti anni, e fino a qualche
tempo fa sembrava aver spazzato via, sotto il ritmo incalzante dei processi
analitici, ogni residuo individualistico che potesse apparire di un vitalismo
ingombrante, troppo intrigato da implicazioni psicologiche, da ingorghi
umorali, e dunque estraneo a prospettive e a finalità per così
dire sociali.
Così, seguendo un progressivo processo di rarefazione, sorretto
da vari meccanismi ideologici,quanto veniva sottratto all'evidenza fisica,
era poi recuperato in ambito concettuale, seguendo i fili di una matassa
culturologica sempre più diramata e complessa. I rilanci anche
quantitativi del fisico, attraverso l'indagine e l'intervento esercitati
sulla materia, sul territorio, sul corpo stesso hanno solo parzialmente
bilanciato la linea dominante dell'asetticità metodologica, finendo
quasi sempre per sconfinare in un territorio operativo al di là
dell'artistico, ma non compiutamente estetico (secondo l'accezione etimologica
del termine) seguendo l'illusione di poter far combaciare la natura della
vita ( e i suoi rapporti spazio-temporali) e l'artificio, la realtà
altra dellíimmaginario.
Il problema, anche in questo caso, consiste sempre nello scarto tra naturale
e artificiale, ove per artificiale si intenda appunto la mediazione della
cultura, cioè tutti i meccanismi teorici e pratici messi in atto
dall'uomo per arginare la realtà entro diaframmi mentali che offrano
l'illusione di dominarla noeticamente e materialmente. L'ormai lungo percorso
artistico di Lombardini meriterebbe una più accurata e analitica
revisione, che partendo dalle prime opere del 61-62 (già in piena
sintonia col clima storico del tempo) rendesse testimonianza di tutte
le fasi successive, rapportandole a quanto parallelamente stava accadendo
in Italia e Fuori. Basti qui dire che è stato un itinerario che
si è dipanato delle prime esperienze di ascendenza new-dada fin
verso ambiti di indagine più prossimi ad instaurare un rapporto
meno coinvolgente con la realtà fisica: un rapporto di verifica
sulle modalità percettive che regolano il situarsi della materia
nello spazio secondo la complessità dei dispositivi mentali utilizzati
dall'uomo nell'accostarsi alla realtà stessa.
Ad una fenomenologia dei segni fisici (materia, colore,oggetti situati
in un contesto come per indotta ed arbitraria necessità) subentra
dunque una fenomenologia (traslata) dei rapporti percettivi, tendente
a ridurre ad un grado minimo l'esibizione quantitativa. A questa ricerca
di carattere specifico e strettamente disciplinare si è accompagnata
secondo un clima dominante dalla seconda metà degli anni sessanta
( e segnatamente dal 68) in poi l'aspirazione a congiungere il momento
linguistico con quello ideologico morale. E' stata una tensione ( e un'illusione)
pagata in perdita di specifico,vissuta con particolare intensità
dalla generazione allora più giovane. Ora, le diverse temperie
hanno rilanciato la ricerca di una manualità artigianale.
Lombardini non rinnega i suoi trascorsi, semmai li carica di recuperi
antropologici, giungendo ad indagare sui processi operativi per coglierne
le motivazioni originarie. O meglio tentando di rapportare, attraverso
un'analisi fenomenologica, una situazione contemporanea.
L'intervento primario, immediato, elementare, della mano che lascia la
sua traccia, più che un ritorno al fare artigianale rimanda a tutte
le sue implicazioni, andate perdute nel corso dei tempi, sacrificate in
nome di un progresso tecnologico e un dispotismo concettuale che ci hanno
separati dal contatto diretto con la materia e lo spazio, occultando il
senso originario del rapporto fra noi e l'oggetto della nostra esperienza
sensibile. Maneggiare significa, a rigore, sporcare dice Lombardini; e
questo vale per l'uomo primitivo come per il bambino, e così pure
per il momento più istintuale del dipingere, prima che le sovrastrutture
mentali ne orientino i processi, ne determinino gli esiti, togliendo al
gesto le valenze originarie.
L'unicità e l'irripetibilità del fare manuale (ed in senso
specifico del dipingere) si scontra con i modelli della cultura anche
materiale, si capisce- del nostro tempo, interamente condizionati dai
processi seriali. La verginità primordiale (o infantile, o preculturale
) del rapporto mano-supporto ( o superficie, materia ecc.) può
dunque essere ormai solo evocata. L'epifania del suo segno diventa allora,
fuori da ogni mistificazione, l'epifania della sua irrecuperabile, originaria
identità. (Claudio Spadoni - storico dell'arte)
Le Fate

Nell'arte di Eugenio Lombardini - si tratti di dipinti, di installazioni,
di happenings o di interventi che sfuggono a qualsiasi beneducata e rassicurante
classificazione - convivono,da sempre, tre componenti : il gioco, il rito
e il riciclaggio . A prevalere, di volta in volta, è questa o quella
componente, ma le altre due non sono mai assenti. La raccolta e la riutilizzazione
dei materiali presentano tratti schiettamente ludici; il gioco ( che è
attività ben più seria di quanto non si creda) tende a trasformarsi
in rituale.
Questo, dal canto suo, sollecita la ricerca di nuovi materiali -i ferri
del mestiere dello sciamano - e, di conseguenza, la ripresa del gioco. E',
insomma, un processo all'infinito che spiega anche l'incompiutezza programmatica
dei lavori di Lombardini.Il suo E' un work in progress che non persegue
nè prevede esiti definitivi, ma piuttosto conclusioni ampiamente
provvisorie, e dove il punto d'arrivo -come nella ricerca della pietra filosofale-
è meno importante del percorso.
Lombardini si cimenta qui con due temi intrecciati fra loro: quello dello
specchio e quello delle fate. Lo specchio -che rimanda a un'amplissima letteratura
sul tema sotterraneo del "doppio", di cui è metafora -sempre,
in Lombardini, uno specchio infranto e uno specchio deformante.
Del mondo, e di noi stessi, non rimanda che schegge, frammenti disordinati,tessere
sparse di un puzzle incomprensibile. I collages ci pongono di fronte all'istantanea
della nostra deflagrazione. Al nostro enigma. Perchè, come suggerisce
san Paolo in un passo inquieto e oscuro (I Cor.,13,12) , lo specchio è
l'enigma.
Il tema delle fate si sviluppa a partire da un materiale originario delle
regioni iperboree -la scorza di betulla- e da un'immagine ricorrente - le
quattro fanciulle del cippo di Angera, del I secolo dopo Cristo.
Le figure gemelle che si tengono per mano e incedono a passo di danza effigiano
verosimilmente le matrones , le vergini-madri del culto domestico gallo-romano.
Non sono, cioè, le fate con il cappello a pan di zucchero delle illustrazioni
romantiche, nè la fatine alate che, fotografate da due ragazzine
inglesi,ispirarono a Conan Doyle il saggio L'arrivo delle fate , ma le loro
remote progenitrici celtiche.
Il tema delle fate si intreccia con quello dello specchio attraverso la
radice etimologica fatum : le fate si moltiplicano grazie a un gioco di
specchi; nello specchio,al fondo, si cela il nostro destino.
Il lavoro di Lombardini è, ancora una volta, enigmatico ed enigmistico:
un riciclaggio onnivoro di oggetti, tradizioni e suggestioni; un gioco del
quale lui solo stabilisce, conosce e può violare le regole; un rituale
di cui l'arte non è il risultato, ma lo strumento. Non il fine, ma
il mezzo.
( Piero Meldini scrittore)