Eugenio Lombardini

Testi Critici

Anticamente
fagotto dello sciamano n°2Anticamente l'Arte come tutte le conoscenze umane era una scienza sacerdotale; dalle grotte di Altamira alle raffigurazioni paesaggistiche di Nazca, la rappresentazione figurale aveva i caratteri del sacro. L'artista, stregone psicopompo, demiurgo era il rappresentatore della realtà altra.
Così la mia ricerca,che ha radici ventennali per quanto riguarda questa ottica, mira a riportare il SIMBOLO bagaglio della tradizione universale Una.
Questo lavoro diventa un vero e proprio lavoro rituale, nella ricerca dell’equilibrio fra le forze energetiche dei materiali della natura usati; le opere vogliono essere un’opera di armonizzazione delle energie dei materiali usati e per analogia, in qualche modo,un contributo al riequilibrio cosmico.
La ripartizione rigida di alcune opere è legata all’introduzione di segni dall’energia potente, quali quelli del simbolismo runico-druidico, i ramoscelli e le parti di derivazione vegetale sono simbolo di uno dei quattro elementi, come le pietre o l’uso di non colori, in quanto la cromaticità è data il più delle volte da minerali quali l’ematite o l’azzurrite macinati a mano o l’ossido di zinco per il bianco.
Esplicita
rituale sciamanico Esplicita, preminente è in Lombardini l'urgenza di comunicare, al punto da far luogo a fenomeni di moltiplicazione inflattiva dei messaggi, di black-out dell'emmittenza per eccesso di potenza del segnale, di vera o apparente e simulata ridondanza: salvo verificare se questo uso ridondante della comunicazione non sia oggi il solo praticabile o comunque, paradossalmente, il più produttivo.
L'urgenza di comunicare è continuamente contraddetta e verificata, ma continuamente ed ostinatamente riaffermata si manifesta anche nell'interesse portato al linguaggio alle sue radici antropologiche e preverbali.
Fra linguaggio primitivo e linguaggio infantile, fra arte e rito, arte e magia, arte e gioco, arte e inconscio. Recupero del mitico linguaggio adamitico, anteriore alla confusione delle lingue.
Si intende così il senso del collegamento esplicito di Lombardini con le avanguardie storiche, dai Dada alla Pop : momenti non tanto di frattura storica, quanto piuttosto di allacciamento storico trasversale, che alla beata linearità della storia dell'arte contrappongono gli andirivieni, i salti e le piste tortuose delle associazioni libere.
(P. Meldini-scrittore)
La Sottile Dialettica
il grande terreno La sottile dialettica che intercorre tra un piano conoscitivo semplicemente concettuale, rivolto ai puri significati, è un aspetto invece interessato alla tattilità, alla sensazione,al rapporto fisico percettivo, è uno dei momenti più vivi dello sviluppo dell'arte. In quest'area di ricerca sembra muoversi il lavoro di Eugenio Lombardini, un'adesione ai materiali estremamente quotidiana, "feriale", caratterizzata da un vero e proprio laboratorio dell'immagine."..."il laboratorio non è violentato da generose e ottimistiche espressività pittoriche ma rimane chiuso in rifiuto alla facile loquacità espressiva, mimetizzato in una reticenza dolorosa, oscura, in qualche modo MAGICA.
Tuttavia ,tanta adesione al materiale non ha lo scopo di limitarne la portata al puro dato sensibile, ma di ampliarla in una specie di volatilizzazione, in un sovraccarico di simboli mentali che aleggiano, si posano e recuperano le alte quote a fasi alterne.
Questo boomerang continuo, tra una sostanza aerea e una materia pesante, tra peso, appunto, e leggerezza, tatto e concetto, acidità e ossigenazione, è l'altalena dialettica che caratterizza il lavoro di Lombardini: il quale sembra porsi nella cabina di comando e regolarne i vettori, le velocità, le parabole ascendenti e discendenti.
(Giorgio Cortenova)
Poltergeist e gli aerei Spiriti del bosco
scrigno sciamanico L'ultimo lavoro di Eugenio Lombardini " Poltergeist e gli aerei Spiriti del bosco " presenta elementi di grande fascino, primo fra tutti il rapporto fra casa e galleria, che, da luogo deputato per la pubblicazione del lavoro dell'artista, si trasforma in appendice e prolungamento della privata abitazione.
La casa rimanda innumerevoli echi dell'infanzia: ricordi, segreti, paure, fantasie, riassunti dalla figura del Poltergeist, lo spirito fracassone della tradizione germanica, imparentato coi nostrani folletti. Esiste, non a caso, un'ampia letteratura (sia scientifica che di fiction) sulle case non tanto infestate, quanto propriamente animate dall'attività psichica dei loro abitanti.
Quale che sia il valore da attribuire ai fenomeni detti appunto, in parapsicologia, di Poltergeist, resta il fatto che la casa appare come impregnata dei sentimenti e delle emozioni di chi l'abita.
Sono ormai lontani gli anni in cui De Kooning
from eart sky ritual

poteva scrivere che l'unico spazio che gli interessava era quello tracciato con un gesto delle braccia, volendo in tal modo affermare un rapporto strettamente esistenziale (fino ad essere fisiologico) fra l'artista e il campo fisico del suo intervento. Un rapporto tanto diretto ed immediato da recuperare il senso di un legame primario, ... gesto e la materia divennero così, in quella temperie, un atto di ribellione al concetto di cultura che aveva guidato l'Occidente da secoli : al tempo stesso, un potenziale da sviluppare in direzione di un recupero antropologico.
Molta acqua è passata sotto i ponti,in tanti anni, e fino a qualche tempo fa sembrava aver spazzato via, sotto il ritmo incalzante dei processi analitici, ogni residuo individualistico che potesse apparire di un vitalismo ingombrante, troppo intrigato da implicazioni psicologiche, da ingorghi umorali, e dunque estraneo a prospettive e a finalità per così dire sociali.
Così, seguendo un progressivo processo di rarefazione, sorretto da vari meccanismi ideologici,quanto veniva sottratto all'evidenza fisica, era poi recuperato in ambito concettuale, seguendo i fili di una matassa culturologica sempre più diramata e complessa. I rilanci anche quantitativi del fisico, attraverso l'indagine e l'intervento esercitati sulla materia, sul territorio, sul corpo stesso hanno solo parzialmente bilanciato la linea dominante dell'asetticità metodologica, finendo quasi sempre per sconfinare in un territorio operativo al di là dell'artistico, ma non compiutamente estetico (secondo l'accezione etimologica del termine) seguendo l'illusione di poter far combaciare la natura della vita ( e i suoi rapporti spazio-temporali) e l'artificio, la realtà altra dellíimmaginario.
Il problema, anche in questo caso, consiste sempre nello scarto tra naturale e artificiale, ove per artificiale si intenda appunto la mediazione della cultura, cioè tutti i meccanismi teorici e pratici messi in atto dall'uomo per arginare la realtà entro diaframmi mentali che offrano l'illusione di dominarla noeticamente e materialmente. L'ormai lungo percorso artistico di Lombardini meriterebbe una più accurata e analitica revisione, che partendo dalle prime opere del 61-62 (già in piena sintonia col clima storico del tempo) rendesse testimonianza di tutte le fasi successive, rapportandole a quanto parallelamente stava accadendo in Italia e Fuori. Basti qui dire che è stato un itinerario che si è dipanato delle prime esperienze di ascendenza new-dada fin verso ambiti di indagine più prossimi ad instaurare un rapporto meno coinvolgente con la realtà fisica: un rapporto di verifica sulle modalità percettive che regolano il situarsi della materia nello spazio secondo la complessità dei dispositivi mentali utilizzati dall'uomo nell'accostarsi alla realtà stessa.
Ad una fenomenologia dei segni fisici (materia, colore,oggetti situati in un contesto come per indotta ed arbitraria necessità) subentra dunque una fenomenologia (traslata) dei rapporti percettivi, tendente a ridurre ad un grado minimo l'esibizione quantitativa. A questa ricerca di carattere specifico e strettamente disciplinare si è accompagnata secondo un clima dominante dalla seconda metà degli anni sessanta ( e segnatamente dal 68) in poi l'aspirazione a congiungere il momento linguistico con quello ideologico morale. E' stata una tensione ( e un'illusione) pagata in perdita di specifico,vissuta con particolare intensità dalla generazione allora più giovane. Ora, le diverse temperie hanno rilanciato la ricerca di una manualità artigianale.
Lombardini non rinnega i suoi trascorsi, semmai li carica di recuperi antropologici, giungendo ad indagare sui processi operativi per coglierne le motivazioni originarie. O meglio tentando di rapportare, attraverso un'analisi fenomenologica, una situazione contemporanea.
L'intervento primario, immediato, elementare, della mano che lascia la sua traccia, più che un ritorno al fare artigianale rimanda a tutte le sue implicazioni, andate perdute nel corso dei tempi, sacrificate in nome di un progresso tecnologico e un dispotismo concettuale che ci hanno separati dal contatto diretto con la materia e lo spazio, occultando il senso originario del rapporto fra noi e l'oggetto della nostra esperienza sensibile. Maneggiare significa, a rigore, sporcare dice Lombardini; e questo vale per l'uomo primitivo come per il bambino, e così pure per il momento più istintuale del dipingere, prima che le sovrastrutture mentali ne orientino i processi, ne determinino gli esiti, togliendo al gesto le valenze originarie.
L'unicità e l'irripetibilità del fare manuale (ed in senso specifico del dipingere) si scontra con i modelli della cultura anche materiale, si capisce- del nostro tempo, interamente condizionati dai processi seriali. La verginità primordiale (o infantile, o preculturale ) del rapporto mano-supporto ( o superficie, materia ecc.) può dunque essere ormai solo evocata. L'epifania del suo segno diventa allora, fuori da ogni mistificazione, l'epifania della sua irrecuperabile, originaria identità. (Claudio Spadoni - storico dell'arte)

Le Fate
Nell'arte di Eugenio Lombardini - si tratti di dipinti, di installazioni, di happenings o di interventi che sfuggono a qualsiasi beneducata e rassicurante classificazione - convivono,da sempre, tre componenti : il gioco, il rito e il riciclaggio . A prevalere, di volta in volta, è questa o quella componente, ma le altre due non sono mai assenti. La raccolta e la riutilizzazione dei materiali presentano tratti schiettamente ludici; il gioco ( che è attività ben più seria di quanto non si creda) tende a trasformarsi in rituale.
Questo, dal canto suo, sollecita la ricerca di nuovi materiali -i ferri del mestiere dello sciamano - e, di conseguenza, la ripresa del gioco. E', insomma, un processo all'infinito che spiega anche l'incompiutezza programmatica dei lavori di Lombardini.Il suo E' un work in progress che non persegue nè prevede esiti definitivi, ma piuttosto conclusioni ampiamente provvisorie, e dove il punto d'arrivo -come nella ricerca della pietra filosofale- è meno importante del percorso.
Lombardini si cimenta qui con due temi intrecciati fra loro: quello dello specchio e quello delle fate. Lo specchio -che rimanda a un'amplissima letteratura sul tema sotterraneo del "doppio", di cui è metafora -sempre, in Lombardini, uno specchio infranto e uno specchio deformante.
Del mondo, e di noi stessi, non rimanda che schegge, frammenti disordinati,tessere sparse di un puzzle incomprensibile. I collages ci pongono di fronte all'istantanea della nostra deflagrazione. Al nostro enigma. Perchè, come suggerisce san Paolo in un passo inquieto e oscuro (I Cor.,13,12) , lo specchio è l'enigma.
Il tema delle fate si sviluppa a partire da un materiale originario delle regioni iperboree -la scorza di betulla- e da un'immagine ricorrente - le quattro fanciulle del cippo di Angera, del I secolo dopo Cristo.
Le figure gemelle che si tengono per mano e incedono a passo di danza effigiano verosimilmente le matrones , le vergini-madri del culto domestico gallo-romano. Non sono, cioè, le fate con il cappello a pan di zucchero delle illustrazioni romantiche, nè la fatine alate che, fotografate da due ragazzine inglesi,ispirarono a Conan Doyle il saggio L'arrivo delle fate , ma le loro remote progenitrici celtiche.
Il tema delle fate si intreccia con quello dello specchio attraverso la radice etimologica fatum : le fate si moltiplicano grazie a un gioco di specchi; nello specchio,al fondo, si cela il nostro destino.
Il lavoro di Lombardini è, ancora una volta, enigmatico ed enigmistico: un riciclaggio onnivoro di oggetti, tradizioni e suggestioni; un gioco del quale lui solo stabilisce, conosce e può violare le regole; un rituale di cui l'arte non è il risultato, ma lo strumento. Non il fine, ma il mezzo.
( Piero Meldini scrittore)
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